Il karate è un’arte di combattimento che si sviluppò in un arcipelago a sud del Giappone, le isole Ryu-Kyu, e in particolare in una di esse: l’isola di Okinawa. Solo a partire dagli anni venti del secolo scorso cominciò ad essere praticata anche in Giappone e negli anni cinquanta iniziò a diffondersi nel resto del mondo. Queste sono solamente le notizie certe documentate in numerosi testi storici, ma le origini del karate sono ben più antiche, tramandate oralmente sottoforma di racconti e antiche leggende.

Si narra che il karate-do tragga le sue origini da una antica arte marziale cinese, lo Shaolin Ch’uan (letteralmente “Pugilato della Giovane Foresta”), definito uno dei più efficaci e antichi stili di combattimento. Il nome trae ispirazione dal monastero Shaolin Szu (tempio della giovane foresta), che fu eretto alla fine del V secolo d.c. sulle pendici del monte Sung situato nella regione di Honan nella Cina centro-settentrionale. La nascita delle arti marziali in questa regione non fu improvvisa in quanto i monaci buddisti che vivevano una vita di meditazione e pellegrinaggi continui, utilizzavano queste tecniche per rafforzare, oltre che alla mente, anche il corpo. L’idea di un corpo imprescindibile dalla mente è rappresentato come uno dei molteplici significati del Tao, simbolo dello YIN e YANG che rappresenta due principi opposti e complementari allo stesso tempo.

La nascita dello Shaolin Ch’uan si dice risalga al 527 d.c. con l’arrivo al tempio Shaolin Szu del famoso monaco buddista Bodhidarma fondatore del Biddismo Zen. La sua origine non è storicamente certa, secondo alcune fonti quest’uomo proveniva dall’india meridionale, ma in una testimonianza risalente al 547 d.c. custodita negli annali del monastero di Louyang, viene descritto come “un uomo di origine persiana dagli occhi blu che poteva avere intorno ai 150 anni”. Arrivato al monastero vide i monaci in condizioni fisiche pessime e trasmise loro degli esercizi  fisici e respiratori, “le 18 mani degli Arthat”, destinati a ridare vigore e a facilitare la via dell’arda unione tra corpo e spirito. Si ritiene che queste tecniche siano la base di codifica dello stile Shaolin Ch’uan, progenitore di moltissime arti marziali orientali.

Poco tempo dopo il soggiorno di Bodhidarma nel Tempio della Giovane Foresta, i monaci Shaolin iniziarono a praticare arti marziali insegnate, probabilmente, da guerrieri che si convertirono al buddismo, trasformandoli in breve tempo in combattenti formidabili la cui superiorità non era solamente fisica, ma anche spirituale e mentale.

Nei secoli successivi la Cina vide un periodo prospero raggiungendo un livello di potenza, benessere e splendore culturale mai raggiunto prima. Con la dinastia T’ang (609-907 d.c.) le arti marziali videro il loro periodo d’oro divenendo molto popolari in tutto il paese.

Le arti marziali arrivarono anche in Giappone ma in particolare, nell’isola di Okinawa, nacque una variante denominata Okinawa-te (letteralmente “arte marziale di Okinawa”) praticata esclusivamente dalle famiglie di ceto nobile e tramandata di generazione in generazione. Nel XVII e nel XVIII secolo le condizioni dei nobili di Okinawa cambiarono notevolmente; l’improvviso impoverimento delle famiglie di ceto alto causarono un appiattimento delle classi a tal punto che furono costretti a dedicarsi al commercio e all’artigianato. Fu grazie a questo appiattimento dei ceti che “l’arte segreta di Okinawa” iniziò a diffondersi in tutta la popolazione insulare.

Tuttavia altri eventi portarono all’effettiva nascita del karate.

Sho Shin, imperatore dell’arcipelago di Ryu-Kyu ormai unificato, intorno al 1500, al fine di mantenere lo stato di pace, emanò un decreto che vietava l’uso delle armi e persino di utensili come bastoni e falcetti dando disposizioni che venissero deposti all’interno di magazzini durante la notte. In seguito alla notizia di una imminente invasione, la popolazione dille isole dell’arcipelago Ryu-Kyu, iniziò a studiare un metodo sempre più efficace di difesa: il karate-do (letteralmente “la via della mano vuota”). Poiché non poteva esserci una comunicazione efficiente tra le isole dell’arcipelago, nacquero diversi stili di combattimento del karate-do: lo Shotokan-do (stile più diffuso anche ai giorni d’oggi), lo Shito-Ryu, il Wado-Ryu e il Goju-Ryu.

Gichin Funakoshi fu senza dubbio uno dei massimi esponenti del karate, colui che ha ideato e codificato lo stile Shotokan-do e che ha permesso la diffusione di quest’arte in tutto il Giappone e, conseguentemente, nel mondo intero. Comincia la sua carriera di karateka verso i 12 anni sotto la guida di uno dei più illustri maestri del tempo, Anko Azato, conosciuto da piccolo quando andava a giocare con il figlio. Stupito dalle tecniche che il maestro eseguiva decise di seguire un durissimo allenamento che veniva eseguito in giardino, molto spesso di notte al solo chiarore di una lanterna.

Con l’annessione dell’arcipelago Ryu-Kyu  al Giappone, nel XIX secolo, il karate vide la luce per la prima volta aprendosi a degli orizzonti inaspettati. Nel 1922 il Ministro dell’Educazione Giapponese invitò il maestro Gichin Funakoshi a Tokyo per una dimostrazione che piacque a tal punto che il karate venne introdotto ben presto in tutte le università nipponiche. Fu adottato inoltre come metodo di combattimento per distanze ravvicinate  e come allenamento fisico dalle ormai moderne milizie giapponesi. L’esercito era saldamente legato all’ideologia cavalleresca degli antichi samurai ma quando, negli anni Venti, il Giappone cominciò ad essere governato da una successione di regimi militari sempre più autoritari noto come “fascismo del sistema imperiale”,  il codice dei samurai divenne qualcosa di più di un semplice codice di condotta. Gli ideali cavallereschi del “bushido”, l’antico codice dei samurai, furono estremizzati e trasformati nell’ideologia fanatica che di lì a poco avrebbe prodotto i kamikaze, i famosi piloti suicidi della marina e dell’esercito giapponese. L’idea della “morte onorevole”, presente in tutte le culture cavalleresche, fu trasformata in una macabra e totale devozione e nell’orrore per la resa. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale, il Giappone, divenne un importante base militare degli Stati Uniti e il Karate, sempre più polare tra i soldati di istanza sull’isola, venne esportato in Occidente.


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